sabato 22 marzo 2014

SatiristaS

Vi ricordate di Maurizio D. Capuano?
Come no?! Vi ho parlato di lui poco meno di due anni fa con questo post
Fra le varie cose utili che cerca di fare, una delle sue missioni è quella di diffondere la satira. Un piccolo Piero Angela della comicità intelligente. 
Uno dei suoi ultimi consigli è stato quello di leggere Satiristas. Si tratta di una raccolta di interviste a decine dei più importanti rappresentanti statunitensi (ma non solo) di una delle più complesse forme di comicità: la satira, principalmente nella forma dello Stand-up comedy.
Un interessante viaggio di oltre quarant'anni di comicità attraverso una trasversalità di voci e stili diversi: da Robin Williams a Stephen Colbert, da Bill Maher a George Carlin.
L'autore delle interviste, Paul Provenza, svela cosa si celi dietro la scrittura di uno spettacolo satirico, cercando di comprendere se e come un autore satirico possa influenzare il pensiero del suo pubblico. Le risposte ricevute fanno capire come ogni comico, in base all'esperienza e al periodo in cui è cresciuto, abbia costruito il suo stile e lanciato il suo messaggio. Unico comune denominatore è la mancanza di limiti imposti. Ogni intervistato ha evidenziato come la libertà di parola sia fondamentale e la censura sia solo l'esempio dell'incapacità di comprendere chi sia il vero bersaglio di un pezzo satirico.



Fra un'intervista e l'altra mi chiedevo come mai la satira non sia arrivata al grande successo in Italia. Nonostante molti comici o programmi si definiscano tali, la satira è un qualcosa che al massimo ci ha sfiorato. Daniele Luttazzi è stato l'unico esempio di autore satirico di successo. Anche se gran parte del suo materiale era estrapolato proprio dagli autori statunitensi, è stato l'unico a proporsi con una vera impostazione satirica. Dietro di lui il nulla. Tanti piccoli esempi ci sono (vedi lo stesso Capuano) ma nessuno che sia riuscito a imporsi al grande pubblico e, soprattutto, a imporre la satira come forma alternativa di comicità.
La maggior parte dei comici amano ottenere il massimo con il minimo sforzo: tormentoni, sberleffi e imitazioni sono ciò che spesso propongono e, forse, meglio sanno fare.
Possibile che il pubblico italiano sia così ignorante da non saper apprezzare qualcosa di più complesso ed edificante?




martedì 18 marzo 2014

Amicizia - Parte 1




"Cos'è l'Amicizia?" era il titolo di un tema proposto dalla nostra professoressa di italiano ormai vent'anni fa. Un tema che all'epoca fece riflettere tanto il giovane Ykaro (non ancora Zio).
Una domanda molto banale, un titolo classico da proporre ad una classe di brufolosi ragazzini delle scuole medie. La risposta è tutto fuorché scontata. Da quel giorno, ogni tanto, mi chiedo ancora adesso cosa sia l'amicizia. Pochi anni dopo quel tema un coetaneo, con cui uscivo spesso in quel periodo, mi disse: "Io non ho amici, ho solo conoscenti". Una frase pesante da digerire a quindici anni, soprattutto da una persona che tu ritieni "amica".
Ma cos'è effettivamente l'amicizia? Forse, per un ragazzo che cresce in Sardegna, potrebbe essere l'apostrofo verde dopo la frase "ti coddiri!": un legame, fatto di risate, che ti unisce virtualmente anche a chilometri di distanza, per sempre. 
Amicizia è mandarsi a farsi fottere col sorriso sulle labbra. Parlar male l'uno dell'altro a viso aperto. Non conformarsi, ma confrontarsi. Amicizia è non conoscere rancori e saper prendere con la giusta leggerezza ogni cosa.
O forse no.
Da quando vivo a Roma ho notato come per creare qualcosa che possa definirsi amicizia servano radici, ricordi di infanzia, esperienze comuni. Inizi a definire le persone che ti stanno accanto con termini nuovi, diversi da "parente" o "amico". Inizi a usare: collega, capo, cliente. In questo modo inserisci in una cerchia chiunque, come in un gioco di ruolo routinario (o come G+). Puoi anche arrivare a provare una stima enorme per alcuni, uscirci in gruppo, da solo, giocarci a pallavolo o a calcetto, farci un viaggio, ma difficilmente li vedrai in modo diverso da un collega, un capo o un cliente. 
E, come profetizzava il mio amico (sempre che possa definirlo tale!), ti riempi la vita di conoscenti. Persone di cui alla fine sai poco e nulla, con cui è complesso vedersi per bere una birra o mangiare un boccone. Persone con cui è quasi impossibile confidarsi.
O forse no. 
Forse l'amicizia è il frutto dell'evoluzione di quell'animale sociale, di cui già parlava Aristotele, che ci obbliga a unirci ad altri, a volte affezionandosi a loro, a volte stimandoli, a volte sfruttandoli, per sopravvivere al mondo che ci costruiamo intorno. Forse proprio per questo l'eremita è l'esempio estremo di cosa non sia l'amicizia: stare benissimo da soli, in quel mondo fatto di se stessi, senza l'esigenza degli altri.



   

domenica 9 marzo 2014

Sahara

Siete mai stati in Eritrea
Io no, però ieri ho avuto il piacere di cenare in un ristorante eritreo: Ristorante Sahara
Un posto carino, semplice, che insegna come l'apparenza inganni, un libro non si giudichi dalla copertina e tante altre frasi fatte. 
Per l'appunto, nonostante il menu non offra una scelta variegata e a prima vista i piatti sembrino dei mappazzoni, già dal primo boccone si viene conquistati da sapori forti e convincenti. 
Le spezie e i sapori piccanti sono il pezzo forte, ma anche chi non ama il piccante può trovare soddisfazioni sia negli antipasti che nei piatti principali. Le verdure saporite accompagnano perfettamente la carne, manzo o agnello che sia.
Se vi piace la cucina etnica e vi trovate dalle parti di Piazza Bologna non fatevi sfuggire l'occasione.